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Aree volterrane: cenni storici su Poggio alle Croci, San Lazzaro e la Tomba del Guerriero – di Andrea Ribechini

Data di pubblicazione:

4 Marzo 2025

Autore:

Andrea Ribechini

Anno di pubblicazione:

2025

Contenuto aggiornato il:

4 Marzo 2025

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Segnaletica presso San Lazzaro (foto di Andrea Ribechini) - cenni storici su Poggio alle Croci, San Lazzaro e la Tomba del Guerriero
Segnaletica presso San Lazzaro © Andrea Ribechini

Guardare in terra, per aria o con gli occhi chiusi?

Vi è mai capitato di imbattervi in una moneta per terra? O, per chi è più fortunato, magari in una banconota? In quei momenti, sembra quasi che la giornata si trasformi, perché la casualità (o la fortuna) ha deciso di regalarci un piccolo tesoro inatteso, interrompendo la monotonia delle nostre routine quotidiane. Ecco che, in senso ampio, nel contesto volterrano è molto comune camminare sopra tesori senza neanche accorgersene. Perché lo dico? Perché, come ogni nostro concittadino sostiene, è sempre valida la frase: “se fai una buca in terra, sicuramente troverai qualcosa”. 

Ovviamente, per fare un’affermazione del genere, è necessario avere almeno una conoscenza di base sull’argomento. Come accade per molte realtà urbane con un ampio bagaglio culturale, si può affermare che anche Volterra è una città composta da “strati storici”. I padiglioni del manicomio, ad esempio, rappresentano l’ultimo abito visibile con cui la nostra cittadina si veste ogni giorno. Tuttavia, questi strati si intersecano tra loro come filature di un tessuto, dove ognuno di questi simbolizza un evento rilevante. Unite assieme, esse si dispongono su un telaio che ne ordina l’intreccio, dando forma alla trama della storia. Giusto per rendervi l’idea, immaginatevi Shrek con una cipolla in mano e che dice a Ciuchino: «Volterra è come le cipolle, è fatta di strati». 

Veduta di Poggio alle Croci da Viale dei Filosofi (foto di Andrea Ribechini) - cenni storici su Poggio alle Croci
Veduta di Poggio alle Croci da Viale dei Filosofi © Andrea Ribechini

Se narrati con una giusta conduzione, questi eventi potrebbero valorizzare ulteriormente il nostro patrimonio. Dal momento in cui, ogni giorno, camminiamo sopra questi tesori, viene da chiedersi: perché, allora, non parlarne?

Un caso emblematico è sicuramente quello della Tomba del Guerriero presso Poggio alle Croci, un sito archeologico che, come riporta il volume curato da Cateni (Volterra, La Tomba del Guerriero, a cura di G. Cateni, Firenze, Edizioni IFI, 1998), è stato rinvenuto per pura casualità. Tuttavia, visto che viviamo nell’era della giustificazione, prima di procedere nella scrittura dell’articolo, voglio fare subito una precisazione, rivolgendomi ai più “polemici” e ai “finti” duri di comprendonio. Imbattersi in un sito archeologico non è minimamente paragonabile a trovare del denaro in terra (né in termini di valore né di senso emotivo), ma tale metafora serve solo per far capire al lettore come Volterra sia colma di tesori unici sui quali noi costruiamo le nostre abitudini (e di cui magari non ci rendiamo neanche conto). Tradotto: da ogni angolazione e sotto ogni prospettiva, Volterra si impregna dei suoi patrimoni (materiali o immateriali che siano).

Veduta di Poggio alle Croci da Viale dei Filosofi (foto di Andrea Ribechini)- cenni storici su Poggio alle Croci
Veduta di Poggio alle Croci da San Lazzaro © Andrea Ribechini

La Tomba del Guerriero

La scoperta di questo sito avvenne il 12 giugno del 1996 durante alcuni lavori di manutenzione, quando alcuni operai notarono qualcosa di insolito e lo segnalarono alla Direzione del Museo Guarnacci (e, di conseguenza, anche alla Soprintendenza). La località di Poggio alle Croci non era nuova a ritrovamenti di questo calibro: anche in passato, sempre in modo fortuito, erano state individuate aree sepolcrali, tra cui ipogei etruschi e tombe di epoca romana. Lo stesso Fiumi sottolinea come, dal 1912 fino alla metà degli anni ’50, furono rinvenute cospicue testimonianze di civiltà antiche, per poi essere studiate dalla Soprintendenza di Firenze. 

Al momento della scoperta, lo stato di conservazione della tomba era piuttosto compromesso. Qui sotto troverete elencati i principali reperti che tornarono alla luce.

  1. L’elmo crestato in bronzo, composto da una calotta ellittica che, a sua volta, è stata realizzata mediante l’unione di due lamine. Quest’ultime sono sovrapposte lungo il loro diametro e fissate con una placchetta e dei chiodi. La decorazione prevede una triplice fila di borchie che seguono il profilo rettangolare dell’oggetto. Al di sopra di queste, emergono due coppie stilizzate di cigni, disposte simmetricamente e collegate secondo un motivo a T. Le origini dell’elmo sono attribuite alla cultura villanoviana dell’Italia centrale e il manufatto sarebbe giunto a Volterra probabilmente attraverso il commercio, forse come oggetto di prestigio.
  2. La fiaschetta in lamina bronzea, costituita da due parti anteriori delle consuete fiaschette le quali, unite, ne realizzano una intera dotata di due beccucci. 
  3. Punte di lancia.
  4. Lama di spada.
  5. Coppetta emisferica.
  6. Patera biansata.
  7. Cuspide di giavellotto.
  8. Morso da cavallo, composto da due montanti (a forma di cavallo, con un terzo che è posizionato nella parte superiore del reperto, affiancato da una figura di un uccello). 
  9. Fibula a sanguisuga.
  10. Braccialetto circolare.
  11. Due pendagli a rotella.
  12. Borchia, frammento di verghetta bronzea, catenella, spirale, gruppo di spirali. 

Dai materiali rinvenuti è stato possibile attestare che l’individuo sepolto in quest’area fosse un maschio, probabilmente un guerriero. Il fatto che fosse sepolto assieme a tutti questi reperti lascia aperta la possibilità interpretativa che tale combattente fosse un uomo di alto rango sociale. Quello che non deve trasparire, però, è la location ove questo guerriero è stato sepolto: Poggio alle Croci. 

By I, Sailko, CC BY 2.5, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5307628 -cenni storici su Poggio alle Croci
Elmo del Guerriero By I, Sailko, CC BY 2.5, Link

Mille storie che si aggirano intorno a Poggio alle Croci

Come sopra già anticipato, Poggio alle Croci è considerato dagli studiosi un’area sepolcrale, divenuta una necropoli probabilmente già durante il periodo villanoviano. In antichità veniva chiamato anche Monte Primo, in quanto rappresentava il “primo monte” che sorgeva nella città, venendo da est. Ad ogni modo, l’etimologia del poggio resta incerta ma, paradossalmente, esistono diverse storie che ruotano attorno al nome di questo “quartiere” volterrano. Cerchiamo quindi di analizzarne alcune, cominciando da ciò che ha sempre contornato il sito preso sotto indagine: borgo San Lazzaro e il suo spedale. 

San Lazzaro (foto di Andrea Ribechini) - cenni storici su Poggio alle Croci
San Lazzaro © Andrea Ribechini

Lo spedale di San Lazzaro, situato pressappoco alle pendici del poggio, venne istituito per i malati di lebbra intorno alla metà del Duecento (circa) mediante le “Constitutiones et Ordinamenta de vita et statu infectorum”. Quest’ultime erano una somma di denaro gestita da un tale di nome Ser Membrotto il quale è menzionato nei protocolli della curia vescovile (così come anche un altro soggetto di nome Ranieri che riscuoteva una somma di “donazioni” nel 1309). 

Stando agli statuti del 1332, questa struttura ospedaliera riceveva un’elemosina annuale di 6 libbre di denaro destinata agli infetti. Nel 1471, l’ospedale dei lebbrosi, che nel mentre era stato restaurato all’inizio di quel secolo, fu recintato con un muro per volere del Comune così da impedire che i malati circolassero liberamente per il borgo, soprattutto per coloro che violavano l’isolamento a cui erano soggetti. Il 10 giugno 1505, passato sotto la gestione dei Cavalieri di Malta, il lebbrosario di San Lazzaro venne dato in commenda da Papa Giulio II a Francesco d’Antonio Federighi. Successivamente, nel 1553, Papa Paolo IV lo conferì a Jacopo di Raffaello di Antonio Federighi, cavaliere di San Pietro, a seguito della rinuncia di Zanobi da Montauto. Tuttavia, l’anno successivo, esso cambiò nuovamente gestione, finendo sotto la direzione dell’illustre Jacopo di Giovanni Guidi. 

Nato a Volterra nei primi anni del Cinquecento da Giovanni e Caterina Dorotea di Giovanni Inghirami, Jacopo apparteneva a una famiglia di grande prestigio, che aveva lasciato un’impronta significativa sia nella storia della città che dell’intera Toscana. Tanto per far capire l’importanza di tale personaggio, occorre specificare come egli, all’età di soli 23 anni, era divenuto segretario della famiglia Guicciardini, e dopo aver ricoperto incarichi di considerevole importanza, operò prima in Francia e poi a Venezia. Nel 1546, lavorò anche per contro di Cosimo I de Medici nella Segreteria di Stato di Firenze (di cui dovrebbe farne menzione anche Benvenuto Cellini nella sua Vita). Inoltre, il Guidi ebbe modo di affiancare il duca di Napoli durante alcune missioni diplomatiche, prendere parte alla famosa guerra contro Siena (1552-1559) e, infine, partecipare al Concilio di Trento. Il suo curriculum si ampliò considerevolmente anche quando operò come vescovo presso le realtà abruzzesi di Penne e Atri. 

Giachi, Anton-Filippo. Saggio di ricerche sopra lo stato antico e moderno di Volterra dalla sua prima origine fino ai nostri tempi, per facilitare ai giovani lo studio della storia patria. Vol. 2, Parte prima-seconda., pp. 172-173. - cenni storici su Poggio alle Croci, San Lazzaro e la Tomba del Guerriero
Giachi, Anton-Filippo. Saggio di ricerche sopra lo stato antico e moderno di Volterra dalla sua prima origine fino ai nostri tempi, per facilitare ai giovani lo studio della storia patria. Vol. 2, Parte prima-seconda., pp. 172-173.

All’inizio del XVII secolo, i lebbrosi furono sostituiti da persone povere, vedove, malate e bisognose di ricovero. Dai Libri dei Morti della Cura di San Pietro in Selci risulta che nella casa dello spedale periferico e suburbano di San Lazzaro vi si trovassero “vecchi e pazzi”. 

Continuando con il nostro discorso, sono numerose le ipotesi che si aggirano intorno al nome di Poggio alle Croci. In alcuni catasti dell’Ottocento, ad esempio, questa località viene definita con il nome di Poggio alle Forche. Infatti, esistono congetture che affermano come il nome “Forche” sia un rimando ai condannati a morte provenienti dal Maschio. Già a cavallo tra Cinquecento e Seicento, quest’ultimi venivano giustiziati presso l’area da noi indagata poiché preferita rispetto al centro urbano. La strada che raggiungeva Poggio alle Forche, infatti, era chiamata “Via del Patibolo” per via del tragitto che il condannato a morte doveva svolgere prima di ricevere la terribile sentenza (dal carcere scendeva lungo Porta a Selci fino ad arrivare a San Lazzaro). Con il passare degli anni, il nome di questa via venne cambiata con il nome di “Via della Madonnina”, prendendo spunto da un’edicola eretta a metà strada in onore della Vergine.

Catasto Leopoldino 1820-1830 (https://www502.regione.toscana.it/geoscopio/castore.html)  - cenni storici su Poggio alle Croci, San Lazzaro e la Tomba del Guerriero
Catasto Leopoldino 1820-1830 by catastore

Facendo un passo indietro nella storia, anche il Duca d’Urbino Federico da Montefeltro tracciò un solco fondamentale in questa zona, precisamente durante il secondo assedio fiorentino di Volterra del 1472, per ordine dell’alleato Lorenzo il Magnifico. La cittadina etrusca venne assediata per varie motivazioni (basti pensare alla gestione dell’allumiera) e, tra i numerosi partecipanti, si dice che vi fossero anche alcuni sangimignanesi (che, effettivamente, erano passati sotto il controllo fiorentino già nella metà del Trecento). A riferire questa nozione è Franco Porretti all’interno della sua Volterra Magica e Misteriosa. Sebbene la presenza (neanche certa) dei sangimignanesi non sia la causa principale e dominante della sconfitta volterrana, l’inserimento di quanto riportato da Porretti è utile per completare il quadro narrativo relativo all’etimologia di Poggio alle Croci. Egli racconta come nei pressi del Monte Primo si fossero stanziate proprio le truppe di San Gimignano, nemiche per antonomasia della cittadina etrusca, che sconfissero la resistenza volterrana, ormai sopraffatta dall’assedio delle forze nemiche, divenute troppo numerose (Porretti, pp. 152-155). Certo non toglie il fatto che i veri promotori del sacco volterrano furono i fiorentini (e, chiaramente, non i sangimignanesi), appoggiati dal duca di Milano e dalle milizie pontificie di papa Sisto IV. Visto il numero impressionante di morti, i volterrani non tardarono a rinominare l’area con un rimando proprio alle croci cristiane, in simbolo di lutto e scomparsa dei propri concittadini. 

In chiusura, Poggio alle Croci conserva il ricordo di numerosi individui che, nel corso dei secoli, hanno attraversato quest’area. Persino i romani, durante la guerra civile tra Mario e Silla nel I secolo a.C., riversarono la loro rabbia su questo preciso territorio, combattendo ferocemente in nome dei loro ideali. 

Federico da Montefeltro dipinto da Piero della Francesca - cenni storici su Poggio alle Croci, San Lazzaro e la Tomba del Guerriero
Federico da Montefeltro dipinto da Piero della Francesca

Mai fare finta di non vedere

Per millenni, questo poggio è stato teatro di storie uniche, ma anche drammatiche e strazianti, dimostrando di non avere nulla in comune con la fortuna citata all’inizio del testo. Forse, a prevalere in questa indagine è la tristezza evocata dal simbolo della croce stessa, che genera un senso di angoscia, legata ai detti comuni/popolari come “portare una croce” e “avere una croce addosso”. Esse sono espressioni che richiamano il peso di una sofferenza insostenibile e che vengono pronunciate soprattutto in momenti di difficoltà.

Manicomio di Volterra ©MarcoBalducci
Padiglione Charcot ©MarcoBalducci

Non è un caso, quindi, che su questa stessa altura sorsero alcuni dei padiglioni più significativi del manicomio di Volterra: il Ferri, lo Charcot e il Maragliano, edificati su un terreno già profondamente intriso di storia (dimostrando la stratificazione di cui si faceva cenno all’inizio del testo). 

[N.B. Un altro esempio che dimostra come Volterra sia un eterno palinsesto, questa volta al di fuori di Poggio alle Croci ma comunque sempre all’interno dell’area ospedaliera, è la tomba Inghirami. Situata sotto l’autorimessa, essa venne scoperta nel 1861 dai fratelli Iacopo e Lodovico Inghirami. I due si imbatterono in un ipogeo, dotato di un dromos con alcuni scalini scavati nella roccia. Inoltre, sotto al padiglione Bianchi, situato frontalmente all’autorimessa, si trova un ulteriore sito archeologico sempre di natura funeraria (non è un caso che si parli di Necropoli di Ulimeto).]

Posa della prima pietra del padiglione Ferri al Poggio alle Croci 24 luglio 1931 ©FamigliaMazzei
Posa della prima pietra del padiglione Ferri al Poggio alle Croci 24 luglio 1931 ©FamigliaMazzei

In conclusione, non dobbiamo dimenticare che tra le mura di questi edifici ospedalieri si sono consumate vicende che meritano di essere raccontate. Tra queste, ad esempio, spicca la storia di uno dei pazienti più conosciuti nel contesto volterrano, Fernando Oreste Nannetti, che ha trasmesso il senso della propria vita nel suo celebre libro di pietra (chiamato da Antonio Tabucchi: Odissea privata). Nannetti, tuttavia, è stato uno dei tanti pazienti ricoverati nel frenocomio, che, insieme al personale che vi operava, ha condiviso la vita su quel poggio, come nel caso del medico Maurizio Mazzei. Ognuna di queste persone, internate o meno, ha custodito una testimonianza da salvaguardare. L’obiettivo, quindi, è impedire che queste storie sprofondino nell’oblio o vengano sepolte sotto terra, per poi essere scoperte un giorno per puro caso, proprio come la tomba del guerriero ci ha insegnato.

Ognuno può guardare dove vuole: per terra, in aria, su, giù, a sinistra, a destra. Ha poca importanza per me dove guardate, l’importante è che non fingiate di non vedere. 

Galleria fotografica di Marco Balducci

Bibliografia impiegata e letture consigliate

  • A. Furesi, C. Guelfi, F. A. Lessi, C. Baglini, La città e il territorio, Dizionario di Volterra, a cura di L. Lagorio, Ospedaletto (Pisa), Pacini Editore, 1997.
  • E. Fiumi, Volterra e San Gimignano nel Medioevo, a cura di G. Pinto, Regello, Firenze Libri, collana diretta da G. Cherubini, G. Pinto, A, Zorzi, 2006.
  • Volterra, La Tomba del Guerriero, a cura di G. Cateni, Firenze, Edizioni IFI, 1998.
  • F. Porretti, Volterra Magica e Misteriosa, Ospedaletto (Pisa), Pacini Editore, 1992. 
  • L. Panichi, Il Leprosario di San Lazzaro, Pro Volterra, Volterracity.
  • Arch. A. Nassi o Di Nasso, Indagine Storica “Il Poggio alle Croci”, 2008. 
  • A. F. Giachi, Saggio di ricerche sopra lo stato antico e moderno di Volterra dalla sua prima origine fino ai nostri tempi, per facilitare ai giovani lo studio della storia patria. Vol. 2, Parte prima-seconda, pp. 172-173.
  • A. Cinci, Guida di Volterra, Volterra, Tipografia Volterrana,1885.
  • L. Lagorio, Il lungo cammino di Volterra, Ospedaletto, Pacini Editore, 1999.
  • S. Calonaci, Guidi, Iacopo, Dizionario Biografico degli italiani, Vol. 61, 2004.

Questo contenuto è stato aggiornato il 4 Marzo 2025
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