Gli anni 10 e il Frenocomio di San Girolamo in Volterra (1910-1919): espansione e guerra
Anni 10 –introduzione
Il decennio 1910-1919 rappresenta una fase cruciale nella storia del Frenocomio di San Girolamo in Volterra. Con l’inizio del secolo, l’istituto si avviava a diventare una delle strutture psichiatriche più importanti d’Italia, grazie alla continua espansione delle infrastrutture e all’introduzione di nuove metodologie terapeutiche. Tuttavia, la Prima Guerra Mondiale portò nuove sfide, tra cui il ricovero di soldati con disturbi da trauma bellico e l’incremento esponenziale della popolazione manicomiale.
Espansione del complesso manicomiale e nuove strutture
All’inizio del 1910, il direttore Luigi Scabia avviò un progetto di ampliamento dell’istituto per far fronte all’aumento dei ricoverati. Tra le nuove costruzioni si distinsero:
- Padiglione Verga (1910) → destinato ai pazienti più tranquilli, con spazi dedicati alla terapia del lavoro.
- Padiglione Lombroso (1911) → riservato ai nuovi pazienti in osservazione.
- Colonia agricola interna Zani (1912) → destinata alla formazione lavorativa dei degenti, basata sui principi della ergoterapia.
- Padiglione Koch (1914) → inizialmente concepito per le malattie infettive, ma adattato successivamente per altri usi.
- Padiglione Kraepelin (1915) → struttura di supporto per pazienti con disturbi comportamentali.
Queste nuove strutture rientravano nella visione di Scabia, che voleva trasformare il manicomio in una città nella città, autosufficiente e in grado di offrire non solo ricovero, ma anche opportunità di terapia e reinserimento.
L’impatto della Prima Guerra Mondiale
Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale (1914-1918), il Frenocomio di San Girolamo divenne uno dei principali centri di accoglienza per soldati traumatizzati dal conflitto. Le presenze aumentarono vertiginosamente, portando alla necessità di riorganizzare i reparti.
I soldati e il trauma bellico
Molti dei nuovi ricoverati soffrivano di “nevrosi di guerra”, una condizione poco compresa all’epoca. La risposta terapeutica si basava principalmente su riposo, isolamento e terapia del lavoro, in linea con la visione di Scabia.
Nel 1916, il governo italiano istituì speciali reparti dedicati ai militari con disturbi psichici, riconoscendo per la prima volta il disturbo post-traumatico da stress (PTSD), sebbene in modo ancora rudimentale.
Il manicomio di Volterra accolse molti soldati provenienti dal Centro di Prima Raccolta, in attesa di essere riformati o trasferiti in altre strutture. Tuttavia, il trattamento dei soldati ricoverati seguiva una logica burocratica e militare, con processi di smistamento basati sulle decisioni degli ospedali militari, piuttosto che su valutazioni degli psichiatri del frenocomio. I soldati con diagnosi di disturbo mentale venivano osservati e successivamente rispediti al fronte o riformati, con decisioni spesso rapide e inumane.
Congestione e difficoltà logistiche
- Il numero di pazienti cresce esponenzialmente tra il 1916 e il 1917, fino al punto in cui il frenocomio raggiunge la massima capacità e deve rifiutare richieste di trasferimento da altri istituti.
- Per far fronte alla crisi, il frenocomio assunse prigionieri di guerra e profughi per lavorare nelle strutture sanitarie, e i sussidi vennero gestiti attraverso l’Alto Patronato dei Profughi.
- Alcune scuole comunali di Volterra vennero convertite in reparti per malati mentali cronici, per poter accogliere il crescente numero di soldati ricoverati.
L’operato di Luigi Scabia
- Luigi Scabia, direttore del frenocomio, fu anche responsabile degli ospedali militari di Pisa durante la guerra.
- Dopo la guerra, nel 1919, Scabia venne incaricato dal Prefetto di Pisa per combattere un’epidemia di vaiolo nella provincia.
Innovazioni terapeutiche e il modello della terapia del lavoro
Durante questo periodo, si affermò il concetto di terapia del lavoro (ergoterapia), già promosso da Scabia nel decennio precedente. L’idea era quella di fornire ai pazienti un’attività utile che li aiutasse nella riabilitazione e, allo stesso tempo, contribuisse all’autosufficienza dell’ospedale.
Le principali attività lavorative introdotte furono:
- Lavoro agricolo nelle colonie interne ed esterne → Produzione di cereali, frutta e verdura per l’ospedale.
- Laboratori artigianali → Officine di falegnameria, sartoria, fabbri e calzolai.
- Produzione interna → Creazione di mobili e materiali utilizzati all’interno dell’istituto.
L’ergoterapia non era solo un’attività occupazionale, ma si basava sull’idea che il lavoro potesse avere un impatto positivo sulla psiche dei pazienti, aiutandoli a sviluppare un senso di autonomia e dignità.
Conclusione: un decennio di trasformazioni e difficoltà
Il periodo 1910-1919 fu segnato da una duplice realtà: da un lato la continua espansione del Frenocomio di San Girolamo, con nuove strutture e metodi terapeutici avanzati, dall’altro l’impatto devastante della Prima Guerra Mondiale, che portò a un sovraffollamento senza precedenti e a difficoltà economiche sempre più pressanti.
Nonostante ciò, il lavoro di Luigi Scabia riuscì a preservare l’idea di un manicomio come luogo di cura e riabilitazione, piuttosto che di semplice contenimento. La strada verso una psichiatria più moderna era ormai tracciata, anche se le sfide del dopoguerra avrebbero portato nuovi cambiamenti e difficoltà.