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Riflessioni tra schizofrenia e il caso Anselmo Maffei

L’anamnesi di Anselmo Maffei

Anselmo Maffei fu ammesso all’Ospedale Psichiatrico di Volterra all’età di 35 anni. La sua anamnesi iniziale non riportava precedenti di “malattie mentali o nervose in genere”, né casi di “suicidio” o “stranezze del carattere”. Tuttavia, il ricovero presso l’OPV avvenne in via d’urgenza in quanto Maffei era stato ritenuto affetto da una “alienazione mentale” che lo rendeva “pericoloso per sé e per gli altri”.

Al momento dell’ingresso, venne descritto come “eccitato”, con manifestazioni di “manie di persecuzione e di grandezza” con frequenti allusioni al suicidio. Un’osservazione del 7 novembre (anno non definito) rivelò che i primi segnali si erano manifestati con manie di persecuzione rivolte verso i compagni di lavoro, seguite da un temporaneo miglioramento. Tuttavia, con il passare del tempo, le crisi di tremore riemersero, accompagnate da stati di eccitamento e da “vaghe idee di suicidio”.

Dall’esame psicologico effettuato sul paziente emersero le presenze di “manie” di persecuzione così come anche uno stato di completo disorientamento sia del tempo che dello spazio. 

Nell’ “andamento della malattia” gli addetti alla “cura” notarono alcune oscillazioni delle manie e dello stato confusionale. Probabilmente, i trattamenti effettuati su Maffei furono sia l’isolamento in camera di sicurezza che la terapia dell’impacco “Preinitz”, quest’ultima ritenuta all’epoca utile per alleviare gli episodi psicotici. 

Ragionando e disragionando: che cosa è la schizofrenia?

La schizofrenia è un disturbo rilevante in ambito clinico, sebbene oggi colpisca meno dell’1% della popolazione (per approfondire si rimanda al Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, DSM-5, American Psychiatric Association, Raffaello Cortina Editore). Nel DSM-5, tale disturbo si trova nei disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici, insieme ad altre condizioni come il disturbo delirante, il disturbo psicotico breve, il disturbo schizofreniforme, il disturbo schizoaffettivo e i disturbi psicotici indotti da sostanze/farmaci o dovuti da altra condizione medica. La schizofrenia si caratterizza per alterazioni che coinvolgono il pensiero, la percezione, il comportamento e l’affettività. I suoi sintomi principali includono deliri, allucinazioni, linguaggio disorganizzato, comportamenti disordinati o catatonici e sintomi negativi. Inoltre, le persone che ne soffrono possono manifestare affettività inappropriata, umore disforico (che comprende stati di depressione, ansia o rabbia) e disturbi del ritmo sonno-veglia.

Come se non bastasse, la schizofrenia può essere accompagnata da esperienze di depersonalizzazione, derealizzazione e preoccupazioni somatiche. Sono comuni anche deficit cognitivi, che possono influenzare memoria, linguaggio, velocità di elaborazione e attenzione, oltre a una consapevolezza limitata della propria condizione (insight). 

Le cause della schizofrenia non sono ancora state identificate in modo preciso ma, nonostante questo, gli studiosi potrebbero aver individuato alcuni fattori. In ordine decrescente e di rilevanza si veda:

  • la predisposizione genetica,
  • le complicazioni perinatali,
  • i fattori biologici,
  • i fattori psicologici.

Il fattore genetico, generalmente, è considerato il più importante nell’eziologia della schizofrenia.

Il decorso della schizofrenia si articola in fasi la cui individuazione è essenziale per supportare il paziente. Nella fase prodromica iniziale, i pazienti possono avere capacità sociali ridotte, lieve disorganizzazione cognitiva, alterazioni percettive e/o anedonia. Nella fase prodromica avanzata, compaiono sintomi subclinici come ritiro sociale, irritabilità, pensieri insoliti e percezioni distorte. Durante la fase acuta, invece, i sintomi diventano particolarmente intensi per poi passare alla fase intermedia ove, sempre i sintomi, possono presentarsi in modo episodico o continuo. Nella fase tardiva, la malattia tende a stabilizzarsi anche se l’impatto invalidante può variare (mantenendosi stabile, peggiorando o, al contrario, migliorare).

I sintomi, generalmente, sono classificati come:

  • positivi (deliri e allucinazioni);
  • negativi (appiattimento affettivo, asocialità, anedonia e appianamento dell’eloquio)
  • Disorganizzati (disturbi del pensiero e comportamenti bizzarri)
  • Cognitivi (deficit dell’attenzione, della velocità di elaborazione, della memoria di lavoro e dichiarativa, pensieri astratto, risoluzione di problemi, comprensione delle interazioni sociali)

La diagnosi della schizofrenia si basa soprattutto sui criteri del DSM-5. Informazioni aggiuntive, fornite da familiari o da persone vicine, sono spesso utili per completare l’anamnesi. 

Stando al DSM-5, la diagnosi di schizofrenia richiede entrambe le seguenti condizioni:

  • ≥ 2 sintomi caratteristici (deliri, allucinazioni, eloquio disorganizzato, comportamento disorganizzato, sintomi negativi) per un periodo significativo di almeno 6 mesi (i sintomi devono includere almeno uno dei primi 3)
  • Segni prodromici o attenuati di malattia con diminuzione del funzionamento sociale, lavorativo o della cura di sé, manifesti per un periodo di 6 mesi, che comprenda almeno 1 mese di sintomi attivi

Gli obiettivi generali per il trattamento della schizofrenia sono:

  • ridurre la gravità dei sintomi psicotici,
  • mantenere il funzionamento psicosociale,
  • prevenire le ricadute e il peggioramento del funzionamento.

Quindi, tirando un po’ le somme, al giorno d’oggi Anselmo Maffei verrebbe seguito secondo un approccio completamente diverso, fondato su un percorso multidisciplinare che combina terapie farmacologiche, supporto psicologico e sostegno sociale. 

In un contesto come quello odierno, egli sarebbe accolto in una struttura che eviterebbe pratiche di isolamento, sostituendole con un ambiente sicuro e privo di coercizione. La diagnosi di schizofrenia o di altri disturbi psicotici richiederebbe un’osservazione accurata, affiancata dal coinvolgimento di familiari o persone vicine, per raccogliere informazioni sulla storia del paziente e ottenere un quadro più completo della sua condizione.

Quindi, una volta riconosciuta la diagnosi, Maffei nel 2024 avrebbe ricevuto un trattamento personalizzato. Gli specialisti gli avrebbero somministrato farmaci appositi con l’intento di ridurre i deliri e le allucinazioni senza causare gravi effetti collaterali. Inoltre, Maffei sarebbe stato seguito da uno psicoterapeuta per affrontare i sintomi più destabilizzanti attraverso anche una terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Questo approccio terapeutico si è rivelato particolarmente utile poiché indirizzato a migliorare sia la consapevolezza del paziente riguardo la propria condizione (nota come “insight”) che la riduzione dell’impatto di sintomi positivi, come i deliri persecutori.

Tra pratiche, conoscenza e monitoraggi

Ad ogni modo, è importante sottolineare come il percorso terapeutico è pensato anche per offrire supporto nella gestione della salute emotiva e nella prevenzione di eventuali comportamenti suicidari. Questo aspetto è particolarmente rilevante, considerando che, nella sua storia clinica, Maffei aveva già manifestato vaghe idee di suicidio. Il monitoraggio costante e il supporto psicologico sarebbero orientati a ridurre l’angoscia e a rispondere ai bisogni emotivi del paziente, in quello che è un ambiente protetto e controllato. Anche la riabilitazione cognitiva e psicosociale rappresenterebbe una componente essenziale del trattamento. Attraverso esercizi mirati, Maffei avrebbe potuto lavorare sul miglioramento delle funzioni cognitive come la memoria e l’attenzione, spesso compromesse nei pazienti con schizofrenia. Programmi di riabilitazione psicosociale lo avrebbero aiutato a sviluppare le abilità necessarie per mantenere la sua autonomia nelle attività quotidiane e nelle relazioni interpersonali.

Qualora fosse stato necessario, a Maffei sarebbe stato garantito un supporto abitativo assistito. Questo tipo di intervento (oggi) fornisce un ambiente stabile e sicuro dove il paziente non corre il rischio di essere isolato dal punto di vista sociale (insieme anche ai suoi parenti). I suoi familiari verrebbero formati per comprendere al meglio la schizofrenia così da supportarlo nel lungo periodo, contribuendo a ridurre le tensioni e a migliorare l’aderenza al piano terapeutico.

Oggi, quindi, Anselmo Maffei sarebbe seguito con un approccio integrato e rispettoso, che non si limita a ridurre i sintomi più evidenti, ma che avrebbe come obiettivo quello di migliorare la qualità della sua vita e la capacità di autogestirsi. Gli anni in cui il trattamento psichiatrico era basato sull’isolamento e sugli interventi coercitivi lasciano il posto alle cure moderne e, soprattutto, umane, orientate al recupero del paziente per offrirgli una reale possibilità di reintegrazione all’interno della società.


Fonti utilizzate:

  • Dsm5
  • https://www.stateofmind.it/2015/12/schizofrenia-cbt-efficacia/
  • Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM-5. American psychiatric association. Raffaello cortina editore. 
  • Manuale di psichiatria per psicologi. A cura di Mario Rossi Monti. Carocci editore manuali. 
  • Psicologia clinica. Terza edizione aggiornata al DSM-5. Ezio sanavio e Cesare cornoldi. Il mulino manuali
Riflessioni tra schizofrenia e il caso Anselmo Maffei
Camilla Tamburini scaled 4faf8bf8 - Anselmo Maffei

Camilla Tamburini

Laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche, attualmente sto proseguendo i miei studi magistrali in Psicologia Clinica e della Salute e Neuropsicologia presso l’Università degli Studi di Firenze.

Ho svolto varie attività nell’ambito della salute mentale, una materia che mi ha appassionato sin dai 14 anni. Ho iniziato a trattare la salute mentale attraverso il percorso di alternanza scuola-lavoro svolto presso l’IRCCS Fondazione Stella Maris di Calambrone, proseguendo negli ultimi anni con stage presso Auxilium Vitae SPA.

Nel 2018, ho realizzato la mia tesi intitolata “Riabilitazione psichiatrica: dal manicomio alla R.E.M.S.” proprio alla quasi conclusione della Legge Basaglia sul mio territorio, dove abbiamo sempre avuto a che fare con la salute mentale, a partire dal manicomio.

Per me, la sanità mentale è sempre stata fondamentale e ritengo che la mia futura professione di Psicologa sia indispensabile da ogni punto di vista.

Camilla Tamburini, classe 1998