Padiglione Tebaldi
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Data di costruzione:
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Funzione:
ricovero femminile (origine), Direzione Sanitaria, oggi uffici ASL
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Utilizzo attuale:uffici ASL
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Luogo:area centrale del complesso ex manicomio di Volterra
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Stato di conservazione:buono
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Numero di piani:2
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Contenuto aggiornato il:21 Marzo 2025
Padiglione Tebaldi
Storia e funzione del padiglione Tebaldi
Il Padiglione Tebaldi fu costruito nel 1933 come parte dell’ampliamento dell’Ospedale Psichiatrico di Volterra. La sua realizzazione rientrava nella politica di espansione e riorganizzazione dell’ospedale sotto la direzione di Luigi Scabia, mirata a creare una serie di padiglioni specializzati e moderni.
Indice dei contenuti
La fagotteria e l’accettazione dei ricoverati
Fin dalla sua edificazione tra il 1933 e il 1934, il Padiglione Tebaldi fu anche sede della fagotteria e del servizio di accettazione dei ricoverati. La fagotteria era l’ambiente in cui venivano custoditi gli effetti personali dei pazienti al momento del ricovero: abiti, scarpe e oggetti personali venivano raccolti in un fagotto e conservati, mentre i documenti e i valori venivano consegnati all’ufficio Cassa. Questo gesto segnava simbolicamente l’ingresso nella condizione di internato, sancendo la separazione dalla vita precedente e l’inizio della permanenza nel manicomio.
“Quando arrivava un ammalato, si levava tutti i panni addosso, si metteva nome e cognome, si mandava in lavanderia. Dopo si ritiravano, si mettevano per benino, e si mettevano nome e cognome lì, e gli davano la famosa divisa…”
(testimonianza orale)
Ai nuovi ricoverati veniva consegnata una divisa contrassegnata con la sigla OPV – Ospedale Psichiatrico Volterra – impressa su bottoni, maglie, coperte e persino sui vestiti cotti. La dotazione comprendeva mutande, camicia, maglia, e talvolta pantaloni, gilè, cappello e giacchetto. Le scarpe, spesso chiodate, venivano fornite in base alla disponibilità.
“Era il primo edificio, il primo posto in cui i ricoverati avevano a che fare. Veniva detta fagotteria perché delle cose possedute dai nuovi ricoverati veniva fatto un fagotto e conservato lì. Ai nuovi arrivati veniva dato vestiario e assegnato un numero di matricola.”
(testimonianza orale)
Oltre alla funzione logistica, la fagotteria aveva quindi un forte valore simbolico: segnava l’inizio della perdita di individualità, con la consegna degli abiti civili e la vestizione collettiva. Un passaggio silenzioso ma potente, all’interno della logica istituzionale del manicomio.
Il padiglione fu concepito secondo un modello funzionale e gerarchico, inizialmente destinato alla degenza femminile. Le pazienti erano suddivise in base al comportamento e alla gravità della patologia, seguendo la prassi dell’epoca che prevedeva la separazione tra “tranquille” e “agitati”.
A partire dagli anni Sessanta, la sua funzione si trasformò progressivamente:
- 1963: ospitava alcune funzioni della Direzione Sanitaria;
- 1973: la Direzione Sanitaria fu ufficialmente trasferita nel padiglione;
- Anni ’70: fu sede anche dell’Ufficio Tecnico dell’ospedale.
Oggi, il Padiglione Tebaldi non è abbandonato, a differenza di molti altri edifici del complesso. Secondo quanto riportato sulla targa esterna dell’edificio, è attualmente utilizzato come sede di:
- Amministrazione del personale
- Segreteria affari generali e legali
- Ragioneria
Questi uffici fanno parte dell’organizzazione dell’Azienda USL Toscana Nord Ovest.
Evoluzione architettonica del padiglione Tebaldi
Uno degli elementi più interessanti osservabili nelle fotografie storiche è la trasformazione dell’area esterna. Nelle immagini del 1963, si nota chiaramente un’ampia zona alberata davanti all’edificio, che all’epoca fungeva da spazio verde e di passeggio per i pazienti. Oggi, quello stesso spazio è stato riconvertito in un parcheggio a servizio dell’ospedale di Volterra. Questa modifica riflette il cambiamento funzionale dell’intera struttura, da luogo di internamento psichiatrico a polo amministrativo e sanitario moderno.
Il padiglione, costruito nel 1933, si trova in un’area più centrale rispetto al complesso del manicomio di Volterra. Segue lo stile sobrio e razionale del periodo fascista. È composto da due piani, con una facciata simmetrica che, in origine, presentava la scritta “Tebaldi” sopra l’ingresso principale. Questa iscrizione, visibile nelle fotografie d’epoca, oggi non è più presente sull’edificio. Le finestre sono protette da inferriate e la struttura complessiva riflette un’architettura funzionale, priva di decorazioni superflue.
L’aspetto architettonico e il suo stato di conservazione sono documentati da varie fotografie storiche:




📌 Tutte le immagini sono per gentile concessione della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra e provengono dal volume La storia iconografica dell’Ospedale Neuro-Psichiatrico di Volterra di Piero Pazzagli.
Chi era Antonio Tebaldi (1848–1919) e il legame con il padiglione Tebaldi
Il padiglione è intitolato ad Antonio Tebaldi, medico e accademico, figura di riferimento della psichiatria italiana di fine Ottocento. Nato nel 1848, Tebaldi fu docente universitario e direttore di cliniche psichiatriche. I suoi studi si concentrarono su isteria, epilessia e alienazione mentale, contribuendo alla definizione moderna della disciplina.
Antonio Tebaldi ebbe un impatto diretto sulla storia dell’ospedale volterrano: fu infatti il mentore di Luigi Scabia, che studiò sotto la sua guida all’Università di Padova. Scabia, futuro direttore dell’ospedale di Volterra dal 1900 al 1934, si laureò nel 1893 con una tesi in neuropsichiatria supervisionata proprio da Tebaldi. Questo legame accademico può aver influenzato la decisione di dedicargli il padiglione, come omaggio a una figura centrale nella formazione del più importante direttore del manicomio volterrano.
Conclusione
Il Padiglione Tebaldi rappresenta una delle tante strutture dell’ex ospedale psichiatrico di Volterra che, a differenza dei padiglioni abbandonati e invasi dalla vegetazione, è ancora oggi in uso. Insieme ad altri edifici riutilizzati come reparti sanitari o uffici amministrativi, testimonia un percorso di riconversione funzionale che ha interessato buona parte del complesso.
La sua storia è strettamente legata alle trasformazioni sanitarie del Novecento e alla figura di Luigi Scabia. La sua continuità d’uso e l’eccellente stato di conservazione lo rendono un esempio significativo di riuso del patrimonio storico manicomiale, mantenendo viva la memoria della sua funzione originaria, pur adattandosi alle esigenze della sanità contemporanea.
A differenza di molte strutture oggi abbandonate, il Tebaldi continua ad essere utilizzato, trasformandosi da luogo di internamento a sede amministrativa della sanità pubblica. La sua continuità d’uso e l’eccellente stato di conservazione lo rendono una testimonianza viva della complessa vicenda del manicomio di Volterra, nonché un esempio tangibile di riuso funzionale del patrimonio storico.