Padiglione Zani
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Data di costruzione:
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Funzione:
Colonia agricola, Uffici
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Utilizzo attuale:Dipartimento di Salute Mentale
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Altri nomi:Vaccheria
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Stato di conservazione:buono
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Numero di piani:2
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Superficie:406 m² m²
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Volume:1174 m³ m³
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Contenuto aggiornato il:21 Marzo 2025
Padiglione Zani
Padiglione Zani – Manicomio di Volterra
La prima colonia agricola interna del manicomio di Volterra
Introduzione
Il Padiglione Zani rappresenta uno degli esempi più emblematici dell’applicazione dell’ergoterapia all’interno dell’Ospedale Psichiatrico di Volterra. Inserito nel contesto della colonia agricola interna, fu il primo edificio concepito appositamente per ospitare i ricoverati addetti al lavoro nei campi, secondo una visione che univa produttività, igiene mentale e disciplina.
Origini e costruzione
La struttura trae origine da una vecchia casa colonica, ristrutturata nel 1910, in un periodo di forte espansione dell’ospedale sotto la direzione di Luigi Scabia. Il Padiglione Zani sorse nella zona della colonia agricola interna, nelle immediate vicinanze del nucleo centrale del manicomio.
Il progetto fu accuratamente pianificato per separare gli spazi abitativi da quelli lavorativi:
- Al piano terra si trovavano la stalla, la cucina, una sala da pranzo per 24 ricoverati, e l’abitazione del colono e della moglie, figure centrali per la supervisione delle attività.
- Al piano superiore erano situati i dormitori per i pazienti-lavoratori.
Questa organizzazione era perfettamente coerente con la filosofia dell’ergoterapia, nella quale il lavoro agricolo assumeva una funzione sia terapeutica che produttiva.
Funzione agricola e terapeutica
Il Padiglione Zani fu il primo nucleo della colonia agricola interna. L’area circostante comprendeva circa dieci ettari coltivati direttamente dai degenti. Il lavoro dei pazienti si articolava in:
- coltivazione dei campi (cereali, ortaggi, legumi);
- cura della vigna e del frutteto;
- allevamento (vacche da latte, conigli, oche);
- produzione e trasformazione interna dei prodotti.
Tutto ciò rispondeva a tre obiettivi principali:
- abbattere i costi dell’ospedale;
- offrire una quotidianità organizzata e attiva ai pazienti;
- applicare l’ergoterapia come mezzo educativo e terapeutico.
Sviluppi successivi e trasformazioni d’uso
Nel corso degli anni, il Padiglione Zani vide una progressiva trasformazione:
- Secondo dopoguerra: sede dell’Ufficio Agrario;
- 1958: al piano terra furono collocati il guardaroba centrale femminile e il centralino telefonico dell’ospedale;
- Anni ’60-’70: vi trovarono spazio l’Ufficio Economato e alcuni uffici logistici.
Il Padiglione Zani e la Vaccheria
Nel progetto originale di Luigi Scabia, il Padiglione Zani è indicato anche con il nome di Vaccheria, confermando il suo ruolo centrale nell’allevamento bovino all’interno della colonia agricola interna. Il padiglione, infatti, ospitava una stalla attrezzata per la mungitura e l’allevamento di mucche da latte, parte integrante dell’autosufficienza alimentare dell’ospedale. Questa denominazione sottolinea ulteriormente l’importanza dell’attività agricola e zootecnica nel contesto terapeutico e organizzativo del manicomio.
Origine del nome
Questo edificio fu intitolato a un luminare della psichiatria: Ignazio Zani (1835-1873). Benché fosse scomparso in giovane età, Zani lasciò un’impronta decisiva, trasformando in pochissimo tempo l’Ospedale Psichiatrico di Reggio Emilia.
Documentazione fotografica
Il Padiglione Zani è testimoniato da numerose fotografie, tra cui:





Le immagini sono tratte dal volume “La storia iconografica dell’Ospedale Neuro-Psichiatrico di Volterra” di Piero Pazzagli, pubblicato con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, che si ringrazia per la disponibilità.
Conclusione
Il Padiglione Zani incarna in pieno la visione psichiatrica di Luigi Scabia. La sua funzione agricola, l’architettura funzionale, la gestione familiare e la stretta connessione tra lavoro e terapia lo rendono un esempio concreto e pionieristico di istituzione psichiatrica integrata.
Oggi rappresenta una memoria tangibile della trasformazione culturale e organizzativa del manicomio volterrano nel primo Novecento e uno dei simboli più puri dell’utopia scabiana: la follia curata con la terra, con la dignità del lavoro e con il rispetto delle individualità.